domenica 14 settembre 2025

Lieto fine, manicheismo e sindrome del salvatore: narrazione popolare o manipolazione?

                


 

L'argomento che mi accingo ad affrontare in questa monografia è piuttosto complesso e stratificato. Si tratta di una questione che sento la necessità di sollevare prima di tutto come essere umano e, in seconda battuta, in veste di scrittore. Umberto Eco e tanti altri autori ben più illustri del sottoscritto avranno senz'altro già affrontato in passato l'argomento, rimarcando le differenze tra la cosiddetta “narrazione popolare” e quella “impegnata”. Tuttavia, il mio scopo non è di ripetere in questa sede quanto già detto più che egregiamente da intellettuali e letterati di livello, quanto piuttosto quello di percorrere una via forse meno battuta e più oscura. Ritengo infatti che, alla base della diffusione della narrazione popolare – promossa anche dalle istituzioni –, possa esservi un sottilissimo intento manipolatorio delle coscienze, che è correlato a un processo di indottrinamento occulto. Ma andiamo con ordine.

Per riassumere nel modo più rapido e conciso possibile, una storia di tipo “popolare” è costituita da una struttura semplice, con protagonisti e antagonisti contrapposti molto chiaramente e una visione manichea della realtà: la dicotomia tra Bene e Male è netta e non lascia alcuno spazio all'interpretazione e alla complessità umana; non ammette il relativismo morale in alcuna forma. Si tratta di un tipo di approccio all'esistenza che si può definire con la nota espressione popolare: «Vedere il mondo in bianco e nero». Un altro aspetto che si può riscontrare in questo tipo di narrazione è la presenza di un lieto fine. Prendiamo come esempi Harry Potter e Star Wars (mi riferisco solo alle opere originali e non ai derivati), nei quali Voldemort è il Male e Harry il Bene, così come lo sono i Sith e i Jedi; in entrambe le storie, inoltre, la vicenda si risolve sempre nel migliore dei modi. I finali di questo tipo sono caratteristici anche delle sdolcinate versioni disneyane delle antiche fiabe (anche qui mi riferisco ai classici e non alle derive odierne), e in generale di qualsiasi storia rivolta perlopiù ai giovani e ai giovanissimi. In narrativa, pensiamo per esempio a Percy Jackson di Rick Riordan, o a tante altre storie per ragazzi, mentre nelle opere di animazione gli esempi sono pressoché sterminati.

Il terzo elemento merita forse un discorso a parte, in quanto più che di una scelta autoriale sarebbe opportuno parlare di un vero e proprio archetipo: quello del salvatore, che risale a tempi antichissimi che precedono persino il libro più famoso del mondo, la Bibbia. Esistono infatti delle figure cristiche anche in mitologie antecedenti al cristianesimo: pensiamo a divinità e semidèi che compievano miracoli o altre grandi imprese, spesso aventi connotazioni salvifiche per gruppi più o meno nutriti di individui. La motivazione dietro alla definizione di “sindrome del salvatore” sarà più chiara una volta giunti al nocciolo della questione.

Ora, oltre a questi tre macro elementi narrativi, la cosiddetta narrazione popolare può contenerne anche degli altri che, però, non sono importanti ai fini della presente monografia e quindi non esplorerò nel dettaglio: il cammino dell'eroe, il difetto fatale (es. l'addestramento Jedi di Luke e la mancanza di fiducia in sé stesso) e altri ancora. Questi sono però elementi contingenti e di carattere perlopiù secondario.

Per avvicinarsi al punto focale dell'argomento, occorre domandarsi: in che modo sono correlati il lieto fine, il manicheismo e la sindrome del salvatore? Per rispondere a tale quesito, occorre per forza di cose addentrarsi in una digressione di stampo più psicologico e sociale che letterario, ma cercherò di essere il più chiaro e preciso possibile e di non allontanarmi troppo dal seminato.

Non mi è possibile approfondire più di tanto l'aspetto psicologico per due motivi: è un argomento estremamente vasto e complesso, inoltre le mie magre conoscenze non sarebbero adeguate. I meccanismi della psiche umana sono da secoli oggetto di studio e in questa sede mi limiterò all'ovvia osservazione alla base del mio assunto: l'essere umano è una creatura facilmente influenzabile. Tale caratteristica è ancora più marcata in coloro che sono privi di spirito critico. La cosiddetta “istruzione” contribuisce a non formare il pensiero autonomo, ma a sopprimerlo fin dalla più tenera età; si cerca quindi di produrre cittadini obbedienti e non degli individui colti, critici e perciò non manipolabili. La scuola non istruisce né insegna a usare il cervello, si limita a imbottire l'individuo di nozioni – talvolta anche erronee quando non volutamente false –, nonché ad addestrarlo all'obbedienza cieca e incondizionata nei confronti della figura autoritaria di turno.

Qui giungiamo al fulcro dell'argomento: la narrativa popolare piace alla massa solo per una questione di gusti e perché i più amano crogiolarsi in fantasie irrealistiche (il cosiddetto “escapismo”)? Oppure anche perché la società e le istituzioni premono in quella direzione, e le storie di quel tipo sono di conseguenza le uniche che ci vengono propinate fin dall'infanzia, quando siamo più influenzabili che mai? La stessa idea di “amore romantico” ci viene instillata fin dalla più tenera età, spesso tramandata anche da genitori inconsapevoli di essere stati a loro volta manipolati. Non posso approfondire l'argomento perché andrei fuori tema, tuttavia è singolare osservare come anche in quel caso si possa applicare il medesimo ragionamento.

Ma torniamo ai tre concetti originari. L'idea di un lieto fine, quella dell'esistenza di “buoni e cattivi” – come quando da piccoli ci fanno scrivere sulla lavagna chi si comporta bene e chi no –, e quella di un salvatore che risolverà tutti i nostri problemi sono strettamente interconnesse. A parere di chi scrive, non si tratta soltanto di innocue scelte letterarie e artistiche, ma di un deliberato tentativo di dipingere una falsa realtà perché la massa la introietti e perpetui tale visione, contribuendo a inculcarla alla prole anche ove i tentacoli delle istituzioni non riescono a giungere.

Qui occorre effettuare un'altra, breve digressione di stampo sociale e politico. Quando una società insegna all'individuo a vedere fin da piccolo la realtà attraverso le tre lenti prese in esame, esso sarà molto più suscettibile alle narrazioni delle istituzioni e alle sue menzogne. Il “no–vax” è un terrorista, non segue le regole e dubita, e ciò lo rende il “nemico”, mentre nei conflitti bellici esistono soltanto “un aggressore e un aggredito” (manicheismo). Durante la pseudo pandemia ha preso piede lo slogan: «Andrà tutto bene», quando invece tutto stava andando alla malora e nulla è poi andato bene, perché siamo nella realtà e non in una storia di stampo popolare (con un lieto fine assicuratoci dall'autore). In questo contesto, si potrebbe accostare la siringa di vaccino a una figura cristica, con la funzione salvifica che protegge dal fantomatico virus assassino, ma in generale tutte le narrazioni s'innestano sulla medesima impalcatura di base: di solito, le istituzioni rivestono il ruolo del salvatore e, quando perdono credibilità presso le masse, lasciano che si propaghino altre narrazioni di presunta “controinformazione” che inventano nuove (e altrettanto mendaci) figure salvifiche: il Movimento 5 Stelle, Putin e i BRICS, Trump, Kennedy Jr. e così via.

L'unica reale ragione dietro tutto ciò è il controllo. Ecco quindi che la narrazione di stampo popolare si rivela estremamente utile a chi detiene il potere, consentendo di mantenere le masse bloccate nel proprio recinto perché confortate da una visione manichea e divisiva (se io sono tra i “buoni” gli altri devono per forza essere “cattivi”), dalla prospettiva di un lieto fine (perché nelle storie il Bene alla fine trionfa sempre) e dalla convinzione che Dio, Gesù o un loro emissario qualunque si occuperanno di toglierci le castagne dal fuoco, deresponsabilizzandoci. Ecco quindi ben servita una società composta in maggioranza da bambinoni mai cresciuti, che ragionano come se la vita fosse un cartone animato.

È forse un caso che tutti i più grandi artisti e letterati di ogni epoca abbiano rifuggito le narrazioni semplicistiche di stampo popolare, preferendo a esse le cosiddette “opere impegnate”? Queste ultime presentano il mondo in una tonalità di grigio e la natura umana in tutta la sua sfaccettata complessità. Per esempio, ne Il conte di Montecristo, al principio Dumas ci presenta Edmond Dantès come un uomo qualsiasi, che vuole solo avere una vita felice all'interno della società del suo tempo.

In seguito, il marinaio si trasforma in un oscuro vendicatore e compie molte azioni terribili, tutte al solo scopo di ottenere una rivalsa su coloro che hanno distrutto la sua vita. Non è dipinto quindi in modo interamente positivo o negativo, anche perché è una figura complessa e tormentata che talvolta è preda di rimorsi e dilemmi. Per esempio quando deve scegliere se morire in duello per mano del figlio di Mercedes (e rinunciare quindi a portare a compimento la sua vendetta), oppure essere lui a uccidere l'innocente giovane.

Persino gli antagonisti dell'opera di Dumas, per quanto biechi e sgradevoli, non sono mai dei “cattivi da fumetto”, ma soltanto persone con un codice etico diverso (noi diremmo corrotto), che scelgono scientemente di condannare Dantés o di ostacolarlo per salvaguardare sé stessi e i propri interessi. Una cosa perfettamente umana, credibile e, per certi versi, se vogliamo anche comprensibile. Si tratta di dinamiche che sono ben note a chiunque abbia studiato un minimo di storia e/o di psicologia e sociologia, o che si sia limitato a osservare abbastanza a lungo – con molta attenzione e altrettanta onestà –, i comportamenti delle persone che lo circondano. Tale approccio, in tre parole, rispecchia la realtà.

Non credo sia un caso neppure che, in ogni epoca, i più feroci (e più perseguitati) oppositori del potere costituito siano sempre stati intellettuali e artisti, coloro che di solito sviluppano uno spirito critico, si dedicano all'introspezione ed espandono la consapevolezza di sé, oltre ad avere anche strumenti culturali adeguati. Sono sempre state loro le avanguardie che si opponevano alle istituzioni per motivi etici e/o politici (l'esempio più famoso è l'esilio di Dante da Firenze). Certo, all'interno della categoria sono sempre esistiti anche i venduti, che sono un insulto al concetto stesso di artista, ma si tratta di una distinzione che non ha a che fare con l'argomento qui trattato, perciò ci porterebbe troppo lontano.

Contrariamente a quanto credono in molti, quindi, le rivoluzioni non sono mai nate spontaneamente dal basso, ma sono sempre state istigate e guidate da piccoli gruppi avanguardisti, i quali hanno saputo metterle in moto e indirizzarle; in alcuni casi persino manipolando le persone. A tal proposito, cito il padre della propaganda moderna e nipote di Freud, Edward Bernays, che combinò le idee dello zio, di Wilfred Trotter e Gustave Le Bon per sistematizzare la psicologia del subconscio allo scopo di influenzare le masse.

Se capisci i meccanismi e le logiche che regolano il comportamento di un gruppo, puoi controllare e irregimentare le masse a tuo piacimento e a loro insaputa.

Nonostante esista da sempre un profondo e innegabile divario tra la massa e gli intellettuali e gli artisti, è un fatto incontestabile che anche i più avidi lettori di storie popolari – se opportunamente sospinti nella direzione giusta –, siano in grado col tempo di apprezzare la narrazione impegnata e di riconoscere il suo maggior valore. Quanto più l'individuo impara a conoscere la differenza e si accultura, tanto più si allontana dalla narrazione popolare, trovandola sempre più infantile e non adatta ai propri gusti. Ciò ci conduce alle osservazioni conclusive della presente monografia.

La tesi alla quale sono approdato è dunque la seguente: la vasta diffusione di storie popolari non è dovuta soltanto ai gusti massificati, al mero desiderio di escapismo e all'ignoranza, ma anche e soprattutto a una sapiente manipolazione operata sin dall'infanzia allo scopo di controllare le coscienze e plagiarle. Il potere costituito ha tutto l'interesse nel plasmare le menti perché amino storie semplici e si riconoscano in esse, nonostante tali narrazioni siano ben lontane dalla complessità della realtà. Il risultato ottenuto è che, molto spesso, le menti più indottrinate tendono a provare persino un'innata idiosincrasia per le storie impegnate e realistiche, preferendo lo schema ormai a loro familiare di quelle popolari, per quanto risulti trito e ritrito. Naturalmente, le due categorie non sono monolitiche e anche nelle storie popolari possono far capolino alcuni elementi realistici minori che le “contaminano”, ma non sono mai sufficienti a cambiarne la natura intrinseca.

La maggior parte delle persone sono quindi vittime inconsapevoli di questa sottile quanto diabolica macchinazione, che ha il solo scopo di renderle ricettive alle narrazioni propagandistiche delle istituzioni che ricalcano quegli stessi schemi: il lieto fine, il manicheismo spinto e la figura di un presunto salvatore hanno una funzione catartica e normalizzante, che disinnesca il pericolo di ribellioni, insurrezioni e rivolte popolari. Il tutto è volto a mantenere la massa nell'immobilità e nell'ignoranza, così da continuare a sfruttarla impunemente. In tale contesto, si va ben al di là della semplicistica lotta di classe evocata da Marx, ma ci si ritrova a osservare una realtà distopica in cui esiste soltanto la massa e, molto al di sopra di essa, i suoi sfruttatori e manipolatori con i loro “camerieri”.

Forse sarebbe ora che l'umanità si evolvesse e andasse oltre l'età dell'infanzia, affrontando la realtà. Occorre che le persone riconoscano che in un'epoca come la nostra – nella quale ormai le maschere stanno cadendo una dopo l'altra –, la narrativa di stampo popolare non ha più alcuna ragione d'essere. Nessuno verrà a salvarci da noi stessi, non esiste alcun lieto fine e si abusa del dualismo per eliminare dalla realtà ogni complessità; lo scopo principale è quello di ingannare le moltitudini e cercare di occultare i perenni doppi standard di chi detiene il potere.

In conclusione, non solo le storie manichee tendono a distorcere la visione del mondo delle persone, ma non posseggono neppure presunti, edificanti insegnamenti morali che sono introvabili nelle storie impegnate, come taluni vorrebbero farci credere. Anzi, è proprio vero il contrario: è nella complessità delle seconde che è possibile avvicinarsi maggiormente ai meccanismi della realtà, nonché alla vera (e spesso contraddittoria) natura umana, con tutte le sue luci e le sue ombre.

 

M.G. 

 

mercoledì 11 settembre 2024

Tutta la verità sulla pillola rossa

 




Ho scelto di pubblicare questa mia riflessione oggi, di tutte le date, per ovvie ragioni. Ho motivo di credere che sia stato proprio l'undici settembre 2001 il prodromo del lento risveglio di una parte dell'umanità: una sorta di anno zero della consapevolezza collettiva, la cui storica data è presente anche in Matrix (1999), nei pochissimi fotogrammi che mostrano la scadenza del passaporto di Thomas A. Anderson, alias Neo.

Penso che al mondo – almeno nei paesi industrializzati – non esista persona che non conosca la celebre, topica scena del primo Matrix in cui Morpheus offre a Neo le due pillole. A distanza di vent'anni, essa (come il film) è ormai diventata parte della cultura popolare a tutti i livelli, tanto che in molti – da una certa parte della politica fino ai cosiddetti “incel” – hanno adottato la metafora della pillola rossa per affermare le proprie ideologie. E sebbene esse non abbiano nulla a che vedere con le tematiche o la storia della pellicola, interpretano comunque l'assunzione della pillola rossa come una presa di consapevolezza riguardo a determinati temi.

Chi ha approfondito il pensiero dietro al film, sa anche che in realtà “la scelta” dovrebbe essere una metafora del transgenderismo, per stessa ammissione dei registi. Avevo soli dieci anni quando uscì Matrix ed è il mio secondo film preferito; l'ho sempre considerato uno dei grandi capolavori del cinema moderno, così come ho sempre tessuto le lodi dei Wachowski in tal senso. Questo perché l'identità dei due come persone non ha nulla a che vedere con la loro dimensione artistica e il fatto che la pensi modo diametralmente opposto a loro sul transgenderismo, non mi impedisce di riconoscere il valore dei vari film che hanno girato. Perciò in Matrix io non vedo e non vedrò mai una metafora transgender, ma qualcosa di molto più profondo e importante, che nulla ha a che vedere con sesso o biologia, ma che pertiene alla consapevolezza individuale, a un sistema di controllo oppressivo e alla Coscienza umana.

L'ottica in cui la quasi totalità delle persone ha interpretato la scena della pillola rossa, è la seguente: la scelta tra cruda verità e rassicurante menzogna, tra libertà e schiavitù, tra conoscenza e ignoranza, tra responsabilità e infantilismo. Sì, perché accettare di vivere in un sistema mostruoso che necessita di azioni concrete per essere smantellato, richiede che ciascuno di noi si responsabilizzi e faccia la propria parte. Che l'umanità passi dall'infanzia di cui è prigioniera plurimillenaria, alla maturità dell'età adulta. E per quanto esista il forte simbolismo d'un salvatore quasi cristico, incarnato dal personaggio di Neo, nemmeno lui avrebbe potuto salvare l'umanità senza l'aiuto dei compagni… e a voler essere precisi, infatti, non ci è riuscito a dispetto del suo sacrificio. Ha solo aperto uno spiraglio verso un futuro migliore. In realtà, credo che Neo rappresenti il potenziale nascosto di ognuno di noi, più che un salvatore trascendente.

In un'altra scena, vediamo invece Cypher vendersi, tradendo la sua specie per tornaconto personale, ma c'è più del mero egoismo nella sua condotta: il suo personaggio incarna – al contrario dei suoi compagni – la codardia, l'incapacità di accettare la realtà per quella che è e la resa di fronte al nemico. In sintesi, Cypher è l'emblema della maggior parte degli esseri umani anche fuori dalla pellicola: non a caso ho sentito anche delle persone arrivare a giustificare le sue azioni. Lui rappresenta gli egoisti, conformisti e gregari, che preferiscono far parte del branco e salvaguardare sé stessi, piuttosto che combattere ed elevarsi per diventare qualcosa di più, perché è una via molto più ardua da percorrere. Coloro che prendono atto dei fatti e agiscono di conseguenza, come Neo e Morpheus, rappresentano invece quelli che nel mondo, i più definiscono “complottisti” e “dissidenti”. Se Neo se ne fosse andato in giro dentro Matrix a dire a tutti come stavano le cose, in cinque minuti sarebbe finito in una cella imbottita! Eppure, tutti noi sappiamo che, nel contesto del film, non avrebbe esposto altro che i fatti.

Qual è quindi la scomoda verità che la scelta offerta da Morpheus nasconde, e che i più non sono disposti ad ammettere nemmeno a sé stessi?

Come ho detto, quella della pillola è in tutto e per tutto una scena topica, un aggettivo che ho usato di proposito (per citare l'Agente Smith). In questo contesto col significato di: “decisiva, risolutiva, di fondamentale importanza per gli sviluppi successivi”. Molti pensano che anche nella realtà sia così, cioè credono che ci sia un momento così importante nella loro vita da segnare un punto di svolta, e che in genere esso coincida con una loro scelta consapevole. Come quella di mettere al mondo un figlio, di divorziare, cambiare lavoro o di abbracciare una nuova religione. E in rari casi può anche accadere, tuttavia molto più spesso la presa di consapevolezza è sottile e graduale, avviene nel corso del tempo attraverso eventi apparentemente banali e scollegati tra loro, piccole conversazioni che sembrano prive di valore o significato. Opportunità che spesso non si riconoscono per ciò che sono, come delle svolte in autostrada che non vedi perché stai guardando altrove. Cosa voglio dire, con questo?

Che per ciascuno di noi non c'è un uomo calvo con uno spolverino che ci offre una scelta così lapalissiana, come accade in Matrix: è chiaro che è un film, è tutto costruito a tavolino per produrre una forte impressione sullo spettatore. Nella finzione, si progetta una situazione per ottenere il massimo effetto scenico… incluso il temporale che infuria fuori dall'edificio mentre Neo compie la difficile scelta: un vero classico. La realtà non è così, voglio essere molto chiaro su questo punto. Anche nei casi più eclatanti, come appunto l'undici settembre o la psyop globale “Covid 19”, il solo evento in sé non è sufficiente ad acquisire automaticamente un più alto livello di consapevolezza, ma rappresenta soltanto un'opportunità che ciascuno deve cogliere. Per alcuni, si tratta di crepe che compaiono all'improvviso nel muro della realtà, che fino a un attimo prima appariva integro e indistruttibile. Fenditure nella Matrix che però occorre allargare, così da poter esplorare nella sua interezza ciò che si nasconde dall'altra parte. Altri non le vedono o peggio, fingono di non vederle, perché “non sono pronti per essere scollegati”. Chi accetta qualunque evento storico passato o presente così come il sistema glielo racconta, senza metterlo in discussione, sta di fatto vivendo ancora nella Matrix. Una manciata di disperati che non sapevano pilotare nemmeno un Cessna e che l'undici settembre sarebbero riusciti a bucare le difese del NORAD? La fialetta di Colin Powell che avrebbe dimostrato l'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq? Oswald che avrebbe ucciso JFK agendo da solo, quando la CIA era la prima a volere il presidente morto? L'allunaggio, compiuto con tecnologia antediluviana da astronauti che non sapevano nemmeno dove fossero le Fasce di Van Allen, e che alla trionfale conferenza al ritorno avevano la faccia di qualcuno che ha perso il lavoro, la moglie e gli è morto il cane nello stesso giorno?

Morpheus è il giovanotto che incontrate all'edicola, che magari vi dice che nei quotidiani c'è solo propaganda e che essi sono di proprietà di uomini senza scrupoli cooptati dal potere profondo, e voi non solo non verificate la sua affermazione, ma non gli date proprio retta. Morpheus è il nickname sconosciuto sui social, che cerca di spiegarvi che stiamo marciando verso una dittatura globale di stampo nazisanitario e greencomunista in stile cinese, ma che voi prendete per mitomane. Morpheus è la pensionata che siede accanto a voi sull'autobus, che come Neo è abbastanza sveglia da capire che c'è qualcosa che non quadra nel mondo; e che vi dice che l'istruzione non è più quella di una volta e che indottrinano i nostri figli con una serie di colossali menzogne per spingere la loro agenda e uccidere il pensiero critico. Che vi spiega che i suoi nipoti sembrano degli zombi, dei decerebrati. Ma voi pensate che sia soltanto una vecchia rincoglionita e le date spago solo per non sembrare scortesi. Morpheus è l'anziano contadino di zona da cui magari andate a comprare prodotti a chilometro zero, che vi spiega che non ha più nulla da vendervi perché gli stanno distruggendo il raccolto con la geoingegneria, mentre l'origine antropica del cambiamento climatico è una truffa criminale per renderci schiavi e confiscare le nostre proprietà, inclusa la terra coltivabile, come sta già accadendo in vari paesi del mondo. Ma voi vi dite che è solo un illetterato che ripete complottismi sentiti in giro e gli date ragione, annuendo con fare comprensivo come fareste davanti a un pazzo armato di machete. Morpheus è un precedentemente stimato medico, di fama internazionale, che ha distrutto la propria carriera e ha perso ogni cosa per onorare il giuramento di Ippocrate, e urlare al mondo che i vaccini uccidono. Ma anche se è famoso e plurititolato, è stato “scomunicato” dall'ordine dei medici e quindi non è più credibile, perché non ha il bollino autoritario delle istituzioni. Perciò lo ignorate e finite per ascoltare televirologi che sono paragonabili a Vanna Marchi e che ricevono bonifici da Big Pharma, ma che alle vostre orecchie suonano rassicuranti perché hanno alle spalle il potere costituito rappresentato da politica e media. Morpheus è il giornalista indipendente che vi spiega che viviamo in una colonia fin dai tempi del Risorgimento, e che il nostro padrone è la mafia globalista anglosassone e in seconda battuta i loro maggiordomi della UE, entrambi al soldo di potentati finanziari e massonerie internazionali che tirano le fila di ogni cosa che accade sul pianeta. Ma voi vi dite che è puro e semplice complottismo di bassa lega, paragonabile al terrapiattismo, come vi hanno ammaestrato a pensare. Che se non è nelle trasmissioni “mainstream” vuol dire che non è credibile… e che comunque il giornalista in questione dev'essere di certo un populista, o magari un fascista, o un rossobruno. In ogni caso, sicuramente un pericoloso “nemico della democrazia e della libertà”. Morpheus è la persona che ha scritto l'articolo che state leggendo. E tutti questi Morpheus, scegliete ogni giorno di ignorarli, o nel peggiore dei casi deriderli o insultarli, perché è molto più facile e conveniente che svolgere ricerche per conto vostro e verificare se in ciò che dicono c'è del vero o meno.

La verità è incondizionata, pura, non ha alcun riguardo per i sentimenti o i desideri di chicchessia e non importa chi tu sia, ti prende a sprangate nei denti e a calci nel culo. Per questo è sempre stata e sempre sarà impopolare tra le masse. E così come i cromosomi XY dei Wachowski ci dicono che sono nati maschi e tali saranno sempre, a prescindere da ciò che “sentono” di essere e dalle mutilazioni che attuano sul loro corpo, così il resto della realtà non cambia solo perché delle persone scelgono di ignorarla o di non crederci… eppure i più continuano ad affidarsi al “pensiero magico”. Davvero credete che nella Germania nazista, a un ebreo sarebbe bastato fingere di essere alle Maldive per teletrasportarsi fuori dal lager? O pensarsi ariano per farsi liberare dalle SS? No, i prigionieri dei campi hanno accettato la realtà mostruosa in cui vivevano e hanno fatto del loro meglio per affrontarla a viso aperto, con coraggio. E moltissimi di loro sono morti, ma almeno sono andati incontro alla fine con la loro dignità di uomini e donne intatta, e non come dei mocciosi piagnucolosi e pusillanimi che pestano i piedi e si rifiutano di accettare il fatto che Babbo Natale non esista.

La verità è che la stragrande maggioranza della gente è infantile e, ogni giorno della sua vita, ingoia per codardia la pillola azzurra. Non è una scelta che capita una sola volta come dice Morpheus nel film, ma avviene di continuo. Ogni volta che scegliete di ignorare chi vi offre una prospettiva alternativa a quella propinata dalle istituzioni, voi state rifiutando la pillola rossa, per pura vigliaccheria e/o conformismo. Perché è molto più comodo e rassicurante credere che non sia in atto un genocidio programmato su scala mondiale, che vaccini, telecamere con riconoscimento facciale e geoingegneria siano per il nostro bene e non per ammalarci e schiavizzarci. Che non siamo in una guerra di quinta generazione combattuta nella mente delle persone con la propaganda, la manipolazione e le psyops; ed è molto più comodo credere che la realtà non sia persino più mostruosa di quella di Matrix. Molto meglio tenere gli occhi chiusi all'interno delle confortevoli capsule create per noi, a sognare un mondo che non esiste più… e che forse non è mai esistito davvero. Fare ciò non richiede alcuna responsabilità da parte nostra in quanto esseri umani, di conseguenza ci rende piuttosto capi di bestiame dal pollice opponibile.

Ma svegliarsi ogni sacrosanta mattina a bordo della fottuta Nebuchadnezzar con la ciurma di Morpheus – combattendo ogni giorno per la libertà, la verità e la vita – costa caro, come ammette Cypher, perché bisogna esser disposti a ingoiare merda mattina e sera. Per i più, è preferibile la gratificazione che si riceve dalle istituzioni quando si additano i divergenti come “complottisti” e si denuncia il vicino alle autorità come durante la truffa Covid. Per non parlare del senso di superiorità morale che offre l'idea di essere degli eroi che si fanno la punturina per salvare il mondo, mentre i no–vax sono untori e merde criminali da ghettizzare o perfino da ammazzare… proprio come i nazisti fecero con gli ebrei. Salvo poi scoprire che i no–vax avevano ragione da vendere e, nonostante ciò, continuare a vivere nella menzogna per pura ignoranza e dissonanza cognitiva, oppure perché troppo orgogliosi per ammettere di averlo preso nel culo fino all'ultimo centimetro.

L'incontestabile verità sulla pillola rossa è dunque la seguente: a tutti noi piace Neo ma, mentre alcuni seguono davvero il suo esempio, la maggior parte della gente non lo fa. Ogni giorno della loro vita, le persone mentono a sé stesse sulla scelta di imitare Neo e sconfessano tale affermazione inghiottendo la loro brava pillolina azzurra… e poi, non contenti, insultano, aggrediscono e/o deridono tutti coloro che hanno mandato giù l'amara pillola rossa e che cercano di salvare i loro culi svegliandoli. Lo fanno persino quando si tratta del sangue del loro sangue… l'ho visto succedere.

Purtroppo, come dice Morpheus, nessuno può descrivere Matrix agli altri, ciascuno deve scoprire da solo che cos'è, perciò ognuno deve prendere la pillola rossa di sua sponte. Se lui avesse raccontato a Neo tutta la verità in quella stanza, senza tirarlo fuori da Matrix per mostrargli la realtà, pensate veramente che gli avrebbe creduto? E persino sull'hovercraft, la prima reazione di Neo è stata comunque il rifiuto: bisogna vedere con i propri occhi, per credere. E io ho visto, documentate, false sparatorie spacciate dai media come reali alle masse, solo per perseguire un'agenda. Ho visto il sistema mentire spudoratamente, a ripetizione, sulle tematiche più disparate e ho scoperto che la storia del mio paese è molto diversa da quella scritta sui libri di scuola che mi hanno presentato come verità. Nel momento in cui qualcuno ti mente su una cosa qualsiasi, grossa o piccola che sia, automaticamente diventa legittimo il sospetto che possa aver mentito anche su tutto il resto. E più continui a scavare, più menzogne vengono fuori su ogni argomento.

Matrix è ovunque e tutti gli avvenimenti, anche quelli apparentemente isolati, in realtà sono molto spesso collegati: basta soltanto unire i puntini per far comparire l'orripilante disegno che i più temono di guardare. Perché riconoscerlo per ciò che è, significherebbe dover gettare via tutto ciò in cui si è creduto fino a quel momento, ma soprattutto, doverne combattere la mostruosità in prima persona. Esattamente come gli ebrei dovettero riconoscere e affrontare l'orrore del nazismo. Il Terzo Reich è stato sconfitto nel secolo scorso, ma nel 2024 il nazicomunismo globalista del Nuovo Ordine Mondiale incarnato dal WEF è vivo e gode di ottima salute, ha avvolto le spire dei suoi tentacoli intorno all'intero pianeta e ci vuole morti o schiavi. Io non sono un profeta e – per citare lo stesso Neo –, non sono qui per dirvi come andrà a finire, ma posso dirvi da dove tutto comincia: dal passo in avanti di ciascuno di voi nel porvi domande e cercare in piena onestà le risposte. Dal desiderio di libertà.

Come dice Morpheus, chi – come il sottoscritto – ha già varcato la soglia, può soltanto indicarvela. Siete voi che dovete trovare il coraggio, la forza d'animo e l'onestà intellettuale per attraversarla e lottare, finalmente liberi dal carcere in cui – fin dall'alba dei tempi – tutti noi nasciamo.

Una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore… una prigione per la nostra mente.




M.G.

lunedì 17 giugno 2024

Aggiornamento

Ieri ho finalmente concluso l'ultimo volume della mia trilogia dark fantasy. A breve parteciperò col primo libro a una nuova selezione di manoscritti inediti, mentre nel frattempo continuerò a lavorare alla silloge poetica Viali esistenziali e spulcerò (per l'ennesima volta) il panorama editoriale in cerca di possibili CE da contattare.

Completare una saga di oltre due milioni di battute può sembrare un'impresa colossale ai non addetti ai lavori (e forse anche ad alcuni scrittori stessi), ma è nulla se paragonata alla ricerca di qualcuno che creda nel tuo lavoro e ti dia una possibilità. La meritocrazia è solo una favola del cazzo e chiunque continui a propagandarla è un mentitore seriale che, nel migliore dei casi, meriterebbe soltanto insulti. Il paesaggio che ho di fronte ogni giorno è così desolato, che spesso la stanchezza e la frustrazione arrivano a livelli tali che penso di arrendermi... se non l'ho fatto, è solo perché sono così fottutamente testardo che la mia testa potrebbe fare a gara con una lastra di granito.

A ogni modo, piccolo sfogo a parte, la conclusione della mia ambiziosa trilogia segna un po' uno spartiacque, nella mia non carriera di scrittore: mi ha accompagnato per molti anni, anche prima che iniziassi la stesura vera e propria del primo volume, quando era solo un'idea nella mia testa. E per quanto verso la fine fosse divenuto sfiancante continuare a buttare giù pagine su pagine, so già che i protagonisti mi mancheranno, come vecchi amici ormai lontani. Sono stati dei veri e propri compagni di viaggio con i quali ho condiviso un lungo, lunghissimo cammino.
Posso solo sperare che un giorno, anche dei lettori potranno dire lo stesso.


Alla prossima!


M.G.

domenica 5 maggio 2024

Il sogno del buio


Edita da Silele edizioni, Il sogno del buio è un'antologia che contiene i racconti vincitori delle passate edizioni del NeroPremio, indetto da La Tela Nera. Il volume sarà presente anche al Salone del Libro di Torino 2024 e sarà acquistabile nei principali negozi online (es. Amazon) alla fine di maggio.
Tra i tanti brani che contiene, è presente anche il mio racconto horror Discesa nelle tenebre.
Se volete sostenere giovani (e meno giovani) autori del sottobosco italiano, nonché un editore che ripone fiducia in loro, questa è una buona occasione!

Per quanto riguarda me sono ancora vivo, sì, anche se aggiorno questo blog molto di rado. Ma visto che probabilmente non lo leggerà nessuno o quasi, va bene così. Ho superato la metà della stesura dell'ultimo romanzo della trilogia dark fantasy che ho in cantiere, mentre ancora attendo eventuali risposte dall'ultimo editore a cui ho proposto il primo volume. In caso negativo (come ormai comincio a pensare), mi orienterò su un nuovo editore, preferibilmente uno che si occupi anche della traduzione in inglese per sbarcare anche all'estero. Per allora sarò ormai in possesso di una trilogia completa solo da ritoccare, e ciò potrebbe fare la differenza.
Una volta terminato Dèi e uomini, ho deciso che mi prenderò una pausa dal fantasy e probabilmente comincerò a gettare le basi per un romanzo horror, forse ne avevo già accennato. In parallelo sto anche lavorando alacremente alla mia prima silloge poetica, incentrata sull'esistenzialismo, che però non so quando completerò. Potrebbe essere tra qualche mese come a fine anno.

Alla prossima!

mercoledì 15 novembre 2023

La dittatura dell'ipse dixit

Abbiamo la fortuna – o la sventura a seconda dei punti di vista – di vivere in tempi assai interessanti, come recita un proverbio cinese per definire le epoche turbolente. L'aspetto particolare che volevo prendere in esame oggi, è quello dell'ipse dixit.

Per coloro che non sapessero a cosa mi riferisco, riassumo la sua origine in poche righe. Nell'antica Grecia (stando a Cicerone), il suo corrispettivo greco era utilizzato nella scuola di Pitagora riferito a quest'ultimo, per convalidare le affermazioni di chi parlava. In epoca medioevale la formula fu adoperata in relazione ad Aristotele, considerato la massima autorità in campo filosofico. In parole povere, ci si richiama all'autorità di qualcuno – vivente o vissuto – in un dato campo, per validare le proprie tesi.

Tutto questo però, come influenza il mondo di oggi? È presto detto. Oggigiorno, viviamo una problematica duplice e in un certo senso anche ossimorica. Da un lato, esiste un quantitativo sterminato di imbecilli che si credono tuttologi: pur ignoranti di un dato argomento, aprono bocca per dire immani bestialità senza nemmeno rendersene conto. In alcuni casi capita anche con persone colte che – per dirla in francese – cagano fuori dalla tazza e s'inoltrano in campi che non conoscono, credendo che la loro conoscenza pregressa di altri argomenti possa bastare per parlare con cognizione di causa. Per esempio, ho sentito spesso antropologi, politici o altri demonizzare i videogiochi senza aver mai letto una riga a riguardo e/o senza averne mai toccato uno, paragonandoli al gioco d'azzardo. Oppure sedicenti critici letterari e scrittori in erba a dir poco insipienti, che hanno letto e scritto poco o nulla e pretendono di pontificare sulla scrittura creativa, nonché di insegnare qualcosa a chi scrive da anni.

Il secondo aspetto di questo male, ad esso opposto, è appunto l'ipse dixit. Si prendono le affermazioni di un individuo che possiede magari un titolo di studio, e ci si limita a dire: «Eh, beh l'ha detto il dottor tal dei tali… lui lo sa, dev'essere così».

Un ragionamento da stupide pecore, a voler essere anche generosi. Chi si richiama all'ipse dixit nella sua forma più becera senza produrre dei ragionamenti propri – perché pigro o magari privo degli strumenti culturali adeguati – contribuisce a diffondere questa specie di cancro della ratio, come mi piace definirlo. Al di là della mancanza di spirito critico di chi si affida ciecamente all'ipse dixit, l'altro grande problema è che gli altri, anche qualora colti e titolati, non sono infallibili. Se tu ti basi sull'autorità di qualcuno, e poi si scopre che quel qualcuno ha detto un'enorme fesseria, ecco che ti crolla tutto addosso. Di coloro che hanno assistito agli eventi susseguitisi negli ultimi tre anni, chi è dotato di un cervello funzionante sa perfettamente a cosa mi riferisco, perciò mi fermo qui.

L'unico caso in cui l'ipse dixit può sembrare uno strumento legittimo, è quando si concretizza una serie di condizioni: primo, chi parla conosce bene l'argomento. Secondo, si serve della propria ragione per confermare la posizione della fonte autorevole, seguendo ragionamenti logici e se necessario fornendo dati e prove. Terzo – facoltativo ma auspicabile – la persona attinge a più fonti autorevoli e non a una soltanto, poiché ciò rafforza ulteriormente la sua posizione. Se lo dice uno scienziato, benissimo, ma se lo dicono una dozzina, è ancora meglio. Lo stesso si può applicare in ambito medico, letterario, bellico o qualsiasi altro campo dello scibile umano. Purtroppo però, come ho anticipato, anche in questo caso l'ipse dixit non è un metodo che si dovrebbe seguire, in quanto specioso. Ciò non soltanto perché anche più individui possono sbagliare in buona fede, ma perché nel peggiore dei casi potrebbero essere stati “comprati” per mantenere un'unica linea di pensiero. A mio avviso, occorre quindi evitarlo in toto.

Quindi perché “dittatura” dell'ipse dixit? Semplice… quando si utilizza tale formula a livello istituzionale – proponendo i Pitagora e gli Aristotele della situazione come infallibili – ogni dibattito diventa non solo impossibile, ma vietato dall'autorità stessa. Chiunque non si adegui all'ipse dixit calato dall'alto – che genera ciò che alcuni chiamano “pensiero unico” o “mente alveare” – diventa un ignorante, un “complottista” o persino un pericoloso pazzo. In sintesi, diviene un “nemico della società”. Con questa metodologia è possibile – oliando i giusti ingranaggi – spacciare assurde bestialità come il frutto della “scienza” senza che la gente ignorante – che si limita ad applicare ciecamente l'ipse dixit – si ponga domande. Anche perché, chiunque se le ponesse finirebbe in un vero e proprio tritacarne sociale, a prescindere da quanto possa essere illustre.

Giungiamo alla conclusione. Esiste però un punto d'incontro a dir poco mefistofelico tra questi due atteggiamenti all'apparenza così diversi e antitetici: gli ignoranti tuttologi e gli ignoranti dell'ipse dixit. Cosa succede quando la prima categoria, invece di sparare nozioni a caso, si serve dell'ipse dixit come la seconda per legittimare le sue posizioni, magari senza mai aver aperto un libro sull'argomento in questione?

Amici miei, la risposta è semplice: si ha la morte di duemila anni di logica aristotelica e la distruzione del pensiero critico. Se invece – peggio ancora – a fare ciò è chi si trova in posizioni apicali della società e, pur sapendo perfettamente di mentire prosegue nella sua vile opera, tale formula diventa, come da titolo, la dittatura dell'ipse dixit.


martedì 19 settembre 2023

Sono ancora vivo!

Torno con qualche aggiornamento dopo una lunghissima assenza (dovuta principalmente alla pigrizia e ad altri impegni).
Anzitutto, il mio racconto cyberpunk Neo Babylon - finalista nell'edizione n. 63 del NeroPremio - è stato inserito in un'antologia gratuita intitolata: Una vita minerale. Potete scaricare l'e-book qui. Mi spiace soltanto che non sia la versione più aggiornata, in quanto ho ulteriormente rifinito il brano che ora è nella sua versione definitiva.
Per quanto riguarda Discesa nelle tenebre, il mio racconto horror si è piazzato al terzo posto nell'edizione n. 70 del NeroPremio e sarà inserito in una futura raccolta, edita da Silele Edizioni.
C'è poi un'altra realtà letteraria della quale sono entrato a far parte di recente: si tratta del gruppo ufficiale di Lovecraft Italia, gestito da e per i più grandi appassionati ed estimatori del Solitario di Providence. Abbiamo cominciato a sviluppare un'idea di universo narrativo condiviso simile ai "Miti di Cthulhu" del Maestro, ma con una nostra cosmogonia, pur restando sempre nella tradizione dell'horror/weird e del neogotico (e senza disdegnare eventuali incursioni nel fantasy stile Howard). Nel mese di novembre dovrebbe uscire (salvo imprevisti) il terzo volume della raccolta Strani Aeoni, edita da Colomò Editore, che conterrà il mio racconto horror/weird Sulle tracce di J.P. Kane.
Per quanto riguarda il mio progetto più importante, la trilogia di Dèi e uomini - che ha subito parecchi ritardi - spero di poter comunicare qualche novità editoriale nel corso dei prossimi mesi. Nel frattempo non ho grattato la pancia ai macachi, né pettinato le bambole: nei tre anni passati dalla fine della prima stesura ho spinto all'estremo il labor limae e ho perfezionato il romanzo al meglio delle mie capacità. Oltre a ciò, qualche mese fa ho terminato la prima stesura del secondo volume, che però richiederà ancora molto lavoro in termini di revisioni. In parallelo ho inoltre completato tutte le mappe del mondo della trilogia (incluse le regioni relative al terzo libro).
Conto di iniziare la stesura dell'ultimo volume l'anno venturo, anche perché mille altri progetti più o meno entusiasmanti mi affollano la testa, e non vedo l'ora di concretizzarli tutti.
Alla prossima!



M.G.


venerdì 8 aprile 2022

Un rapido aggiornamento

 Su Amazon è disponibile "Figlio del tuono", un'antologia che raccoglie i migliori racconti delle edizioni dalla 60 alla 62 del concorso NeroPremio, e che contiene una versione ridotta di un mio vecchio racconto post-apocalittico intitolato "Lacrime e pioggia".


Potete trovare la raccolta qui. Non sono sparito. Alla prossima!