martedì 12 novembre 2019

La figura dell'antagonista nella fiction e il vampiro secondo Anne Rice

Tom Cruise nel ruolo di Lestat de Lioncourt



Ammetto che avrei voluto trattare i due argomenti separatamente, ma erano davvero troppo interlacciati per poterlo fare. Ho sempre voluto esprimermi in merito agli antagonisti perché trovo che siano una parte del cast spesso trascurata, che si parli di cinema, videogiochi o letteratura. Cosa rende un antagonista tale, e soprattutto, cosa gli conferisce carisma e spessore? La mia risposta è semplice: l'immedesimazione. 

Come ben sapete, è facile portare un lettore a immedesimarsi nel protagonista virtuoso, l'eroe o l'eroina di turno, ma spesso gli autori commettono il grave errore di ridurre l'antagonista a una mera immagine speculare di tali protagonisti, dando loro il solo scopo di rappresentare tutti i lati negativi di questi ultimi. Sappiamo bene che nella realtà le cose non funzionano così e che la dicotomia tra bene e male non è affatto così ben definita. Dove voglio arrivare? I "cattivi" devono essere in grado di attirare le simpatie del lettore tanto quanto i "buoni". Come è possibile raggiungere tale obiettivo?

Vi sono diversi modi per farlo. Anzitutto, si può conferire all'antagonista un background e un passato traumatici che possono almeno in parte spiegare la sua attuale personalità. In secondo luogo, si possono concedere anche poche, sottili virtù a tale personaggio che controbilancino il suo apparente comportamento negativo. Infine, cosa più importante a mio avviso, si dovrebbe far in modo tale che il suddetto antagonista abbia una visione delle cose che, sebbene possa apparire distorta da un punto di vista comune, potrebbe invece apparire sensata se considerata da un'altra prospettiva. In poche parole, un "cattivo" non poi così cattivo, se preso in esame da un diverso punto di vista. Si tratta quindi di rendere condivisibili, quantomeno in parte, le convinzioni dell'oppositore dei protagonisti.

Ed è qui che entra in gioco Lestat, protagonista delle lunghe cronache dei vampiri di Anne Rice. A mio avviso, il celebre vampiro nato dalla penna dell'autrice statunitense è uno dei più grandi esempi di antagonista/antieroe della letteratura moderna. "Ma... hai appena detto che è un protagonista!" Lo è nei libri successivi, ma nel primo volume e nella sua trasposizione filmica, Lestat è l'antagonista, perché è Louis de Point du Lac a raccontare in prima persona la sua storia. Come mai allora Lestat è generalmente il più amato dei due, sia tra le persone che hanno visto solo il film che tra quelle che hanno seguito l'intera saga? Si può dire con certezza che in questo caso, l'antagonista abbia superato il protagonista in popolarità, spessore e carisma. Perché?


Brad Pitt nel ruolo di Louis de Point du Lac


Louis rappresenta la parte umana, colui che sebbene sia divenuto un vampiro continua a ragionare come un mortale, provando rimorso e orrore all'idea di uccidere per nutrirsi. Una posizione comprensibile, forse persino troppo realistica tanto da risultare un poco banale, se vogliamo. E Lestat? Sembra perfido e malvagio, del tutto a suo agio nel ruolo di vampiro, non esita a privare della vita chiunque desideri, eppure... anche lui si sente solo, desidera una famiglia, ed è perciò che crea Louis e lo spinge a sua volta a creare Claudia. Naturalmente Lestat è un manipolatore (dote spesso associata ai vampiri tra l'altro), un dandy, ma nonostante tutto non può che attirare le nostre simpatie. Egli si comporta in modo non molto diverso da un predatore in natura, forse con un pizzico in più di crudeltà dettata dalla sua intelligenza e dal suo passato. Il successo di Lestat però aumenta ulteriormente con i libri successivi, in quanto nel secondo volume egli narra in prima persona la sua storia, e il lettore viene a conoscenza del suo passato e di ciò che ha vissuto, giustificando in buona parte il suo comportamento. Inoltre, vi è una certa crescita ed evoluzione di Lestat nel corso dei vari libri, mentre Louis sembra essere molto più statico, rimanendo sempre attaccato alla sua umanità e divenendo così un personaggio progressivamente sempre meno interessante.

Un altro esempio di grande antagonista si può trovare nel terzo volume delle Cronache dei Vampiri della Rice: La regina dei dannati. Akasha, l'antica regina dei vampiri, è una folle che pianifica uno sterminio... vede in Lestat il suo angelo ispiratore e istigatore e lo vuole al suo fianco. Nonostante ciò, le sue motivazioni sono in un certo senso giuste e non mancano di elementi a loro favore. Certamente non le condivideremmo, ma possiamo intravedere una logica dietro le azioni della vampira, per quanto distorta. Inoltre, è un personaggio assai affascinante che ha anche il ruolo di portare il lettore indietro nel passato per esplorare le origini del vampirismo nell'universo creato dall'autrice. Tutto ciò la rende una antagonista di successo che riesce ad essere interessante e per nulla scontata, a mio avviso.

In conclusione: non trascurate mai i vostri antagonisti, perché essi sono tanto importanti quanto i protagonisti, e non devono fungere solo da spauracchi messi lì per dare una motivazione ai vostri eroi di turno, o soltanto rappresentarne una versione speculare e distorta. No. Devono essere di più, meritano di essere molto di più, il lettore deve poter simpatizzare a sufficienza con loro da rimpiangere la loro eventuale dipartita. Un esempio che mi viene in mente preso da un videogioco, Yakuza 2, è un giovane boss mafioso e villain del suddetto gioco: Ryuji Goda. Inizialmente Goda sembra essere solo un individuo sgradevole e fin troppo pieno di sé, ma nel finale, mi sono scoperto a sperare che si salvasse per potersi redimere. La scrittura era stata in grado di portare alla luce un altro lato di Goda, il suo passato e ciò che lo aveva portato a intraprendere il cammino che ci era stato mostrato, di fatto creando un grande antagonista con il quale simpatizzare e nel quale immedesimarsi.


Ryuji Goda (Yakuza Kiwami 2)


Ora, una breve parentesi sulla figura del vampiro così come lo immagina la Rice. Anzitutto, ci tengo a precisare che la figura moderna del vampiro è scaturita dai primi racconti del diciottesimo secolo, alcuni anche precedenti al Dracula di Stoker. Tuttavia, l'idea di un essere che si nutre del sangue e/o dell'energia vitale di un vivente risale fin ai Sumeri, agli albori della razza umana; trattasi di spiriti maligni e demoni d'ogni genere dalle diverse caratteristiche a seconda della cultura che si voglia prendere in esame. Detto ciò, voglio sorvolare su quella che io considero un'interpretazione sacrilega del vampiro che è quella della serie di Twilight: il resto degli autori, da due secoli a questa parte, in genere si sofferma solo sugli aspetti principali del vampiro; le sue intrinseche debolezze, i suoi poteri, e spesso un'aria nobile e una natura ammaliatrice e manipolatrice. 

Anne Rice va oltre, raccontandoci le loro abitudini, i loro vezzi nel vestire, la loro ossessione per la ricerca del "bello", dipingendoli come immortali dandy ed esteti, nonché filosofi secolari che, potendo vivere di persona intere epoche, hanno di fatto una visione d'insieme che nessuno storico potrà mai raggiungere. E a mio avviso, la Rice vi riesce alla grande, presentando dei personaggi che risultano davvero credibili e che sembrano davvero aver vissuto così a lungo. Nonostante le loro differenze in quanto a background, passato e convinzioni, tutti condividono una visione della realtà preternaturale che li contraddistingue dai mortali, nonché un generale cinismo sviluppato nel corso dei secoli o millenni.

Non mentirò: quando penso al prototipo perfetto, al vampiro ideale, non sono Dracula o Nosferatu i primi a venirmi in mente, ma Lestat de Lioncourt. Perché? Prendiamo in esame il primo. Dracula è un'opera di inestimabile valore, figlia del suo tempo e incredibilmente ben scritta, ma il Conte risulta essere una figura troppo schiva, con la quale non si riesce a entrare in piena sintonia. I vampiri della Rice invece, risultano essere una presenza costante all'interno della storia, l'autrice spende molto più tempo nell'analizzarne la psiche, i sentimenti e i poteri, nonché il passato. Diventano estremamente credibili: creature tenebrose, affascinanti e spaventose al tempo stesso. Esseri che la nostra natura umana ci spinge a temere, ma che nonostante ciò esercitano inevitabilmente il loro fascino su di noi. Vedere poi così tante qualità umane in loro (al contrario del conte Dracula), come il loro gusto nel vestire, le loro considerazioni filosofiche, le riflessioni sul cammino della razza umana e sui sentimenti che provano, non fa che rafforzare il loro legame con il lettore.

Personalmente, nonostante i vampiri siano probabilmente tra le mie creature dell'orrore preferite in assoluto, mi sono cimentato nello scrivere su di loro solo una volta. Il motivo? Credo che negli ultimi due secoli sia stato detto tutto (o quasi) ciò che c'era da dire sui vampiri, e se non l'avete ancora fatto, vi consiglio caldamente di leggere i libri di Anne Rice. Il primo e il quinto volume (Intervista col Vampiro e Memnoch il Diavolo) sono tra i miei preferiti, ma anche gli altri sono davvero ben scritti, sebbene un po' pesanti.
Non ho ancora deciso l'argomento del prossimo blog, perciò se volete scoprirlo, restate sintonizzati!


Il celebre Nosferatu