lunedì 3 febbraio 2020

Il ruolo della magia nel Fantasy



Bentornati nel mio (nostro) spazio. Oggi vorrei parlare di uno dei tratti più caratteristici del genere fantastico... la magia. E in particolare, di come alcuni autori scelgano di metterla in secondo piano oppure di come non le diano la giusta importanza. Per estensione non intendo riferirmi puramente alla magia in quanto tale, ma anche a qualsiasi elemento magico e sovrannaturale, come creature mitiche e simili. Vi sono due esempi in particolare che mi vengono in mente quando penso a due opere che in qualche modo non concedono agli elementi magici il giusto spessore che a loro spetta nel genere. Il primo caso è quello delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (in lingua originale "A Song of Ice and Fire"), che molti conoscono col nome de: "Il Trono di Spade". Prendiamo prima in esame l'opera di Martin.


Soffermandomi in breve sui pochi difetti (o almeno quelli che io considero tali) nell'opera dell'autore in questione, vi sono le esagerate descrizioni degli abiti (di ogni singolo capo di vestiario ogniqualvolta un personaggio si cambia), forme passive e avverbi e appunto, il risicato elemento magico.
Il Trono di Spade è una grande saga (o almeno lo sarà se Martin si degnerà mai di finirla), con moltissimi pregi. Vi sono personaggi estremamente credibili e caratterizzati in maniera superba, come il nano Tyrion Lannister, uno dei miei preferiti (e di quasi tutti i lettori presumo). Martin ha dato prova di essere molto abile nel World Building, rendendo credibile e concreto il mondo del Trono e dei suoi personaggi. Inserire così tante casate, ciascuna con i suoi stemmi, il suo glorioso passato e le proprie mire in relazione al trono dei Sette Regni non è cosa facile. Ma è proprio qui che si mostra l'altra faccia della medaglia.

Nonostante l'ottimo lavoro nel costruire qualcosa di credibile, l'autore relega l'elemento magico a un ruolo di secondo piano per la gran parte della saga: si inizia con l'apparizione degli Estranei nel prologo del primo libro, ma poi passano interi volumi prima che vi siano sviluppi in tale senso. Nel momento in cui scrivo, Martin dovrebbe essere al lavoro sul sesto libro (non mi sono più preoccupato di rimanere aggiornato, lo ammetto); fino al quinto tomo gli elementi magici sono davvero pochissimi e si lascia maggior spazio agli intrighi di corte e ad altri accadimenti. Tanto che, se non fosse per gli Estranei, i draghi e tutto ciò che si vede praticamente alla fine della serie televisiva, si potrebbe quasi scambiare l'opera per un romanzo storico con la sola ambientazione fantasy: il codice dei cavalieri, le giostre, le casate, il rapporto tra le classi dei poveri e quelle dei più ricchi... tutto sembra rappresentare in modo perfetto il Medioevo. Sebbene io sia un convinto sostenitore dell'importanza del realismo, un eccesso può recar danno quanto l'opposto.


Sean Bean nel ruolo di Ned Stark

Sebbene possa essere (e forse lo è) una scelta consapevole dell'autore, non la condivido. Se si vuole scrivere un romanzo dal sapore storico come Ivanhoe non si fa ricorso alla magia. Ma se si vuole scrivere un'opera fantasy, si deve sfruttare l'elemento magico ed esso deve essere centrale o quantomeno predominante, come lo è in Harry Potter o Il Signore degli Anelli. Non una mera, pidocchiosa didascalia alla fine della storia. Ciò mi porta al mio secondo esempio, ove pur essendo la magia centrale, di fatto non sembra essere quella forza primordiale che dovrebbe essere, in grado di travolgere chi ne fa uso. In un certo senso, in questo caso ha il sapore di un "contentino" che l'autore concede ai lettori. Mi riferisco all'interminabile ciclo di Shannara di Terry Brooks.

Da ragazzino ho letto tantissimi volumi (alcuni anche qualche anno fa, quando provai a continuare la sua saga) di Brooks. Non mi dilungherò su critiche stilistiche o di altro genere in quanto non sono il tema del blog, ma andrò dritto al punto: la magia non dà la sensazione di essere magia. Per esempio, vi sono diversi druidi nel corso dei vari libri che svolgono un po' il ruolo di Gandalf, mettendo insieme gli eroi, lavorando contro le forze del male e via discorrendo. Ebbene, tali druidi però risultano essere sempre delle specie di maghi da quattro soldi. Cosa intendo dire con questo? Voglio dire che il massimo che questi potenti stregoni (in grado col Sonno Magico di ibernarsi attraverso le ere) sono in grado di fare è di far scaturire qualche patetica fiammata di fuoco verde dalle dita per eliminare piccole schiere di nemici, ma che perlopiù fuggono.

Vi sono altri personaggi poi che usano differenti tipi di magia, come la Spada di Leah, una lama incantata che non sembra essere granché, il Canto Magico, spesso usato soltanto per tessere illusioni. O la stessa Spada di Shannara, che contiene l'astratto potere "della Verità". Tutti i tipi di poteri dipinti da Brooks nelle sue opere danno sempre la sensazione di essere davvero buttati lì tanto per poter dire che la magia c'è. Almeno per quanto mi riguarda, fin da ragazzino quando cominciai a leggere i suoi lavori, sono sempre rimasto deluso da tale aspetto.

Ritratto dei protagonisti di "Wards of Faerie":

"Allora come dovremmo descrivere la magia?" chiederete voi. Beh, con più passione. La magia di Brooks è una magia pigra, persino la Rowling se l'è cavata molto, molto meglio di lui in questo. Si può optare per una magia "realistica", che richiede ingredienti e rituali ma che poi ha effetti concreti sul mondo fisico, a breve o lungo termine. Si può attingere a piene mani da Dungeons & Dragons e dai videogiochi fantasy, dove i personaggi sono in grado di evocare creature, non morti, colonne di fuoco o barriere protettive. Si può anche scegliere una via mediana tra queste, ma la cosa importante da ricordare è sempre che "il prezzo da pagare per la magia" non dovrebbe essere l'unico elemento importante. Nelle sue opere, Brooks pigia continuamente lo stesso tasto, su come vi sia un prezzo da pagare per poter usare certi poteri... ma poi quei poteri risultano essere deludenti. Dov'è il dramma? Dov'è quel pizzico di sana esagerazione che rende la fiction tale?

Mi viene quindi in mente un videogioco dal titolo "Soul Sacrifice" che giocai anni fa. In quell'universo, i maghi erano in grado di usare molteplici poteri e combattere contro enormi creature da incubo che avrebbero eliminato un comune mortale in un battito di ciglia. Come potevano farlo? Come avrete immaginato dal titolo, col sacrificio della propria carne (e gravi conseguenze sulla psiche, o la loro anima). I poteri più grandi potevano richiedere persino un occhio o un braccio dell'evocatore. Diciamo pure che quel gioco rappresenta un estremo, ma almeno si tratta di un'idea interessante che rende tali magie e capacità potenti e terrificanti, non solo nel loro effetto finale sul bersaglio, ma anche nel prezzo da pagarne. Nei libri di Shannara invece, i protagonisti sembrano sempre pagare un prezzo troppo alto in proporzione a ciò che sono in grado di fare. Insomma, nei mondi di Brooks il gioco non sembra valere la candela.

Per quanto mi riguarda, mi piace che nelle mie storie, la magia e l'elemento sovrannaturale in generale siano una via di mezzo tra lo stile "D&D" e quello ritualistico che richiama elementi a noi più familiari, come il Voodoo, la tradizione celtica o la classica figura della strega col calderone dell'immaginario collettivo. Gli incantesimi devono essere potenti, pericolosi, piegare le leggi della fisica e risultare una forza della natura. Fintanto che l'autore sia in grado di giustificarla bene a livello di World Building e non la renda eccessivamente potente, l'unico limite è la propria immaginazione. Per usare una metafora un po' volgare, la magia di Brooks è un come un peto striminzito in una gara di scorregge.

Quindi, in definitiva... qual è il ruolo della magia? Arricchire il mondo che si va a costruire, conferire poteri misteriosi quanto affascinanti a protagonisti e antagonisti, rendere la storia più varia ed esotica. In aggiunta, la magia può sempre essere uno spunto di riflessione sul potere. Può essere il fulcro della narrazione, oppure esserne parte integrante purtuttavia senza esserne il centro nevralgico. Quale che sia la scelta dell'autore, essa non deve mai, mai dare la sensazione di essere "di poco conto" o "fare da tappezzeria".



Come sempre, ci tengo a sottolineare che nei miei post espongo la mia personale visione delle cose, che concerna la scrittura in generale o degli aspetti specifici di quest'ultima. 
Alla prossima!

Artwork di Drizzt DoUrden:


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