Capitolo VI: Temi e simbolismi
Più che temi – che è un termine che mi ricorda troppo da vicino il periodo scolastico e in generale l’ambito accademico – mi piace parlare di fili conduttori. Si tratta, in parole povere, di ciò di cui tratta il libro. Tratta della storia, obietterete voi. Certo, ma spesso i buoni libri parlano anche di altro, di elementi che a una prima, fugace occhiata potrebbero non risaltare, se siete troppo immersi nel racconto. Si tratta quasi di sussurri. Di echi più o meno indistinti. Per usare un termine kinghiano, (da “La bambina che amava Tom Gordon”) il filo è “il Subudibile”, qualcosa che sosta appena fuori dal vostro campo sensoriale, non riuscite a percepirlo in maniera chiara, ma è abbastanza presente da farvi capire che c’è. Sono d’accordo con King quando afferma che questi fili, questi grandi temi, accompagnano molti dei libri migliori che vi capiterà di leggere. Non fraintendete: anche se un romanzo non affronta questioni rilevanti, può senza dubbio essere comunque un'ottima lettura e una gradevole storia. Tuttavia, scoprirete che spesso i libri che vi appassionano di più saranno quelli che in concreto – al di fuori della storia, dei personaggi e delle situazioni – trattano di qualcosa.
Come per i vostri interessi, questi temi possono e devono essere frutto della vostra esperienza di vita come essere umano, non si dovrebbe mai partire con l’idea di scrivere un libro basandosi su di essi o sui simbolismi. Questi sono soltanto un “effetto collaterale”, qualcosa di casuale e del tutto contingente: possono esserci come non esserci e spesso spunteranno fuori da soli come funghi, senza che ve ne rendiate conto nemmeno voi. In alcuni casi balzeranno all’occhio, in altri dovrete leggere in modo più approfondito tra le righe per trovarli dopo la vostra prima stesura, in altri ancora scoprirete che non ce ne sono e andrà bene lo stesso. L’importante è dare loro risalto nelle stesure successive, se ci sono.
Alcune volte il filo conduttore vi si rivela chiaro e abbacinante come il sole estivo nel momento in cui avete l’ispirazione per una storia. Mi è successo solo un paio di volte e ho messo al sicuro qualche piccolo appunto che riguarda quei due progetti per paura di dimenticarli: avere una storia e un filo conduttore – un tema potente – allo stesso tempo prima di cominciare a scrivere è quasi come vincere alla lotteria. Vi permetterà – anche durante la prima stesura – di sviluppare tale tema portante nel modo più efficace possibile, dandogli tutto il risalto di cui siete in grado, cosa che, inutile dirlo, gioverà molto all’opera finita. Ma in concreto, cosa sono questi grandi temi?
Come dicevo si può trattare di questioni filosofiche, religiose, sociali, di domande esistenziali, dubbi amletici riguardanti le leggi che governano la realtà, di valori, qualunque cosa per voi sia importante nella vostra vita. Nel mio caso, nei cinque volumi di cui consta la prima opera semiseria in cui mi sono cimentato durante il liceo, ho riscontrato parecchi fili conduttori che ho affrontato in maniera del tutto inconsapevole durante lo sviluppo della storia: senso della responsabilità, spirito di abnegazione, la libertà non come vuoto e semplicistico concetto astratto ma come necessità popolare; la vendetta – dapprima vista come unico motivo di sopravvivenza e poi come inutile zavorra di cui liberarsi – e con tutta probabilità potrebbero essercene degli altri.
In “Le rovine” (romanzo fantascientifico parte di una saga che ho interrotto – NDA) invece, mi sono sentito di esprimere tutta la caducità dell’esistenza umana di fronte all’estensione – temporale e spaziale – dell’universo. Il protagonista, Vincent, in qualche modo è divenuto il mio portavoce, sebbene non avessi affatto preventivato qualcosa del genere: una parte di me è scivolata dentro di lui, rendendolo in qualche modo più particolare, speciale, portando nel suo mondo una mia convinzione. E in fondo è a questo che si riduce il discorso: portare il realismo e le tematiche del nostro mondo in quelli che prendono forma nella nostra testa.
Oltre a conferire tale realismo, i fili conduttori svolgono anche un altro, importante ruolo. Quello di spingere il lettore a ragionare, a cercare di smontare le convinzioni di un personaggio oppure ad immedesimarsi in esso per cercare di capirlo o di compatirlo, a seconda di ciò di cui stiamo parlando. Di lasciare degli interrogativi, dei dubbi alla fine della lettura, se possibile. Si tratta di instaurare una specie di legame invisibile tra il lettore e l’autore, usando come ponte i personaggi creati da quest’ultimo. Se riuscite in questo intento e i vostri lettori si sentono coinvolti emotivamente quanto lo siete stati voi nell’atto di scrivere, allora avete fatto centro. Di solito, succede quando raccontate la verità. Dovete essere onesti, non cercate di affossare sul nascere una tematica scomoda quando la vedete filtrare tra le righe, ma assecondate la storia e dite la verità fino in fondo su come la pensate. Una parte dei lettori di certo non condividerà l’idea del protagonista, tuttavia potrà almeno spingerli a riflettere sull’argomento, il che è più che sufficiente, a mio avviso.
I fili conduttori fanno parte di quella serie di elementi che, come dicevo in precedenza, contribuiscono a rendere un’opera unica e darle il vostro marchio, renderla personale e per questo più interessante. Trovo però che sia una cosa che debba uscire fuori in maniera naturale e mai forzata. Come ho già detto, costringersi a scrivere seguendo delle tematiche già impostate renderebbe tutto artificioso e privo di pathos: l’esatto contrario di ciò che desiderate ottenere. Il segreto sta nel non pensarci e il vostro subconscio farà il resto. Siete degli animalisti convinti? Dei vegetariani? Nel vostro romanzo potreste voler sfruttare ciò che pensate a riguardo e cercare di farlo trasparire dal modo in cui scrivete, dalle situazioni o dagli atteggiamenti di diversi personaggi, magari in conflitto tra loro riguardo tali idee. Ma sempre se se ne presenterà l’occasione in corso d’opera, sia chiaro. Spesso trovo sia anche un modo per conoscere meglio noi stessi, per portare a galla le proprie contraddizioni e scoprire qualcosa di nuovo su di sé, perché anche se gli antichi erano soliti dire “conosci te stesso”, nessuno di noi potrà mai dire di esserci riuscito fino in fondo, nemmeno dopo una vita.
Per quanto riguarda i simbolismi – che come il termine “temi” mi ricorda fin troppo l’ambito della letteratura studiata a scuola e che non ho mai amato molto – il discorso è assai più breve. Rispetto ai fili conduttori, si tratta più che altro di significati insiti in un’immagine, un simbolo (da qui, simbolismo). Per esempio, King ha scoperto che in “Carrie”, il sangue era un elemento importante: era associato all’inizio della maturità sessuale femminile ma allo stesso tempo alla manifestazione delle capacità psichiche della ragazza. Inoltre, il sangue faceva la sua comparsa nei tre punti cruciali del romanzo: la scena iniziale appunto, con le mestruazioni della protagonista, lo scherzo al ballo (il culmine) e la conclusione.
King ha scoperto solo dopo tutto questo, non era partito col presupposto di costruire la sua storia sul simbolismo del sangue, né sul tema dell’emarginazione giovanile nelle scuole, o sul filo conduttore del fanatismo religioso. Eppure, sono tutte tessere del mosaico che l’autore ha inserito in modo del tutto inconsapevole nel suo lavoro e – quando si è reso conto di averlo fatto – ha provveduto in modo tale da arricchire il libro dando risalto a ciò. Lo stesso dovreste fare voi, sempre se scoprite – in sede di rilettura – che tali temi e simbolismi ci sono e hanno una certa importanza (o una risonanza come la definisce King) non solo per voi, ma anche per la storia che state raccontando.
Ora è giunto il momento di occuparsi della parte fondamentale del nostro lavoro: la Storia.
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